Onorevoli Colleghi! - Dal suo apparire, negli ormai lontani anni ottanta, il virus HIV, causa della sindrome da immunodeficenza acquisita (AIDS), ha avuto una diffusione epidemiologica in costante aumento.
      Inizialmente l'AIDS veniva relegata a malattia di «categoria» a causa del fatto che solo una parte della popolazione sembrava esserne colpita.
      L'informazione e le campagne di prevenzione vennero pertanto modellate su questa errata valutazione, il cui principale risultato fu da una parte di colpevolizzare ed emarginare una fetta di popolazione e dall'altra di creare una falsa aura di immunità nella rimanente parte.
      Solo con la trasformazione da problema di «categoria» a malattia legata ai comportamenti «a rischio» si sono finalmente ottenuti risultati positivi nella riduzione del numero di infezioni.
      In Italia, a fronte della presa di coscienza che l'epidemia si diffondeva al di fuori dei gruppi che inizialmente presentavano la maggior parte dei casi di AIDS, si era scelto non di fornire gli strumenti per limitare la possibilità di contagio bensì, utopisticamente, di indicare come unico mezzo di prevenzione l'eliminazione dei comportamenti a rischio.
      Solo in un secondo tempo, ad opera prima di organizzazioni di volontariato e in seguito di enti locali particolarmente «illuminati», sull'esempio di altre Nazioni, si fece strada la filosofia della «riduzione del danno», secondo la quale, parallelamente

 

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ad un'opera di informazione e di educazione sanitaria, venivano distribuite siringhe monouso e profilattici.
      I risultati furono immediatamente visibili, in particolare tra gli appartenenti a quella fetta di popolazione più sensibilizzata in quanto facente parte delle categorie inizialmente tanto citate. Le statistiche segnarono un arresto dell'aumento di casi di contagio, ridimensionando le previsioni catastrofiche che in base ai dati precedenti fornivano una prospettiva per la fine del secolo scorso di milioni di sieropositivi nella sola Italia.
      Parallelamente, contrariamente a quanto temevano gli scettici, non fu rilevato alcun incremento nella frequenza dei comportamenti a rischio bensì una maggiore consapevolezza e prudenza.
      Nel corso degli ultimi anni, tuttavia, si è assistito ad un nuovo innalzamento nel numero dei contagi, statisticamente accertato dall'osservatorio nazionale AIDS, con, però, un mutamento relativamente al mezzo di trasmissione del virus: se inizialmente, in Italia particolarmente, la via preferenziale di trasmissione era rappresentata dallo scambio delle siringhe utilizzate dai tossicodipendenti, ora la trasmissione per via sessuale, e soprattutto eterosessuale, è la principale causa di contagio. Contestualmente si assiste anche ad un sensibile aumento nella diffusione di altre malattie a trasmissione sessuale.
      La fascia di popolazione maggiormente esposta è quella composta dai giovani, tra i quali la naturale scoperta della sessualità non è accompagnata praticamente da nessuna forma di educazione sessuale né da parte della maggioranza delle famiglie né da parte delle istituzioni.
      Non è comunque da dimenticare anche la popolazione adulta che, pur essendo maggiormente informata, e nonostante l'evolversi dei costumi, ancora ha delle remore culturali all'uso di quegli accorgimenti che evitano nella quasi totalità dei casi il rischio di contagio.
      Il principale problema riscontrato in diversi studi sulla popolazione, sia giovane che adulta, per l'uso dei profilattici è la relativa difficoltà di reperimento nonché il loro alto costo.
      Benché negli ultimi anni si sia visto un aumento dei punti vendita in cui è possibile acquistare profilattici (oltre alle farmacie essi sono reperibili presso supermercati, tabaccherie, autogrill), non sempre questi sono della qualità adatta al fine della prevenzione dell'AIDS e di altre malattie a trasmissione sessuale.
      Il tragitto tra la produzione e la vendita al dettaglio fa sì che da un costo di produzione di pochi centesimi si passi ad un prezzo per l'utilizzatore anche di diversi euro al pezzo.
      La presente proposta di legge vuole essere una risposta concreta a questa serie di problematiche, educare all'uso dei profilattici, facilitandone il reperimento e abbattendo le barriere culturali che ancora lo fanno considerare una sorta di tabù, calmierare, attraverso una distribuzione gratuita o a costo contenuto, i prezzi di vendita al dettaglio, garantire la qualità del prodotto e, non ultimo, fornire una adeguata informazione sia sull'uso corretto che sulla effettiva utilità nella prevenzione.
      Non si tratta di volere indicare il profilattico come unico mezzo di prevenzione, ma di fornire una reale possibilità di scelta consapevole.
      Uno Stato laico che deve preoccuparsi dell'intera popolazione, davanti a malattie come l'AIDS, di cui non si è trovata ancora la cura definitiva né tanto meno il vaccino e che ha come unico esito la morte della persona malata, non può nascondersi dietro ad ipocriti precetti, ma deve fornire tutti i mezzi possibili per la salvaguardia della salute di tutti i cittadini e in particolare delle fasce più deboli economicamente o culturalmente.
 

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